Hai meno di 35 anni? Secondo gli esperti non stupirti se ti si lussa la spalla: alla tua età può essere ‘normale’. È infatti noto da tempo che l’instabilità di spalla non traumatica sia più frequente tra giovani e giovanissimi. Si tratta infatti di una patologia congenita dovuta a lassità dei legamenti che causa uno slittamento in avanti della testa omerale compromettendo stabilità, funzionalità e comfort della spalla. E può accadere in qualsiasi momento anche in assenza di eventi traumatici.
A cura di Valeria Tagni
INSTABILITÀ E LUSSAZIONE: 2 LATI DELLA STESSA ARTICOLAZIONE
La spalla è considerata l’articolazione a più ampia capacità di movimento e quella a più alto rischio di instabilità proprio a causa della sua conformazione. Quest’articolazione è assolutamente particolare rispetto alle altre dello scheletro umano: la testa omerale, di forma approssimativamente emisferica, è appoggiata ad una superficie verticale e solo leggermente concava di circa 3,5 cm di altezza e 2,5 cm di larghezza senza alcuna capacità contenitiva. Infatti, la testa dell’omero ha una superficie più estesa rispetto a quella della glena, la cavità articolare, su cui poggia; questa configurazione permette alla spalla di essere la più mobile e di godere una completa escursione nelle 3 direzioni dello spazio. Tuttavia è soggetta all’azione della gravità e la stabilità articolare durante il movimento è tutta affidata alle strutture molli: capsula articolare e labbro glenoideo, legamenti e muscoli con i rispettivi tendini.
Si definisce instabilità il sintomo che il paziente avverte quando la spalla non rimane nella sua normale posizione. L’instabilità articolare della spalla può essere causata da lassità, cioè da una situazione di incapacità a mantenere la spalla in sede per alterazione dello sviluppo osseo, dei tessuti periarticolari (intorno all’articolazione), o di entrambi. La spalla instabile può andare incontro a lussazione (fuoriuscita completa della testa omerale dal suo alloggiamento normale, glenoide della scapola), sublussazione (parziale fuoriuscita della testa omerale) o a dolore in particolari posizioni o movimenti dovuti a spostamenti anormali della testa omerale come in ripetuti gesti sportivi o lavorativi. Quando le lussazioni avvengono ripetutamente, anche a distanza di molto tempo, si parla di lussazione recidivante: se si verifica prima dei 18 anni, la possibilità che il fenomeno si ripeta è superiore al 90%.
QUANDO INVECE LA SCAPOLA “SCATTA”
Se compiendo un movimento di rotazione della spalla, per esempio sollevando un oggetto sopra la testa, capitasse di avvertire uno scrocchio provenire dalla scapola, è facile che si tratti di “sindrome della scapola a scatto”. Si tratta di una patologia che colpisce i giovani adulti, talvolta è accompagnata da dolore ma più frequentemente si avverte una sensazione di affaticamento muscolare e una fastidiosa sensazione di sfregamento al movimento.
La sindrome potrebbe essere determinata da un problema congenito se la scapola presenta malformazioni di tipo strutturale – ad esempio un naturale incurvamento in avanti – o anomalie di tipo muscolo-scheletrico; esiste, tuttavia, una forma acquisita determinata da alterazioni muscolo-scheletriche che possono avvenire nel corso degli anni– per esempio a causa di una tumefazione a livello della scapola.
Anche se nella maggior parte dei casi la scapola a scatto non è accompagnata da dolore, ed è quindi possibile convivere con il disturbo senza intervenire, in presenza di dolore al movimento, il ricorso al medico è obbligatorio e la terapia sarà personalizzata a seconda del caso.
QUANDO POSSO INTERVENIRE CON UNA CURA “DOLCE”?
Nel caso della scapola a scatto il primo trattamento consigliato è di tipo conservativo (non chirurgico), la cui efficacia è attestata per il 50% dei casi con punte che sfiorano l’80%, soprattutto se il disturbo è stato causato da una serie di sforzi ripetuti ed eccessivi sulla parte interessata (overuse). La terapia dura solitamente almeno 6-12 mesi; il paziente viene trattato con antiinfiammatori non steroidei per la gestione del dolore e in seguito sottoposto a sedute di fisioterapia, allenamento muscolare e posturale.
Nel caso, invece, di lussazione da instabilità traumatica accertata diagnosticamente, la raccomandazione degli esperti è il trattamento chirurgico immediato per riportare l’articolazione al suo stato naturale e bloccare il dolore molto forte. Il paziente resterà immobilizzato per 2-3 settimane dopo le quali inizierà un percorso di riabilitazione fisioterapica per il rinforzo progressivo dei muscoli.
QUANDO LA CHIRURGIA E’ RISOLUTIVA
L’intervento chirurgico è indicato quando la terapia conservativa non ha dato gli effetti sperati, soprattutto se il paziente lamenta un dolore tale da compromettere la sua qualità di vita. Nel caso di lussazioni traumatiche, soprattutto se recidivanti e in soggetti giovani, la chirurgia presenta indubbi vantaggi. Il trattamento chirurgico oggi più richiesto dai pazienti e preferito dai chirurghi, è l’artroscopia: minimo insulto dei muscoli e della capsula, migliore visualizzazione della lesione che è dunque più facilmente riparabile, minimo danno estetico e recupero più rapido. Per questi motivi anche le ferite sono più piccole e le parti molli vengono conservate, in particolare il muscolo del grande deltoide che può rappresentare invece una complicanza sicuramente evitata con la tecnica artroscopia (alcuni chirurghi ritengono che l’artroscopia permetta di visualizzare meglio la cuffia dei rotatori rispetto alla chirurgia mini-open; altri affermano il contrario). In ogni caso, affinchè l’intervento abbia successo, è necessario che il paziente si impegni in una seria riabilitazione post-operatoria con una graduale terapia fisica: il recupero pieno varia dalle 2-4 settimane per l’artroscopia fino ai 2-3 mesi per la chirurgia mini-open, che richiede tempi più lunghi a causa dell’estensione e dei tempi di guarigione della ferita.
© Orthopedika Journal