Due sono i primati attribuiti alla spalla: la più ampia capacità di movimento e il più alto rischio di instabilità e lussazione non sempre determinate da traumi. Questo perché la stabilità della spalla dipende dal legame tra testa emisferica dell’omero e glena, la parte concava dell’articolazione che, più piccola della testa dell’omero, cerca di mantenerla salda grazie a legamenti, muscoli e tendini.
A cura di Valeria Tagni, con intervento di Cesare Mariani, Dirigente Medico dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia dell’O.C. di Conegliano (TV)
INSTABILE PRIMA DEI 18 ANNI: ELEVATE PROBABILITA’ CHE ACCADA ANCORA
L’instabilità di spalla può essere anteriore o posteriore. Quando è causata da un trauma o un movimento innaturale dell’articolazione, i sintomi sono forte dolore e perdita di funzionalità del braccio, a volte accompagnata da una lesione neurologica che rende difficile muovere la mano. Quando invece la causa non è un trauma (atraumatica), l’instabilità può essere determinata da lassità articolare dovuta ad alterazione dello sviluppo osseo o dei tessuti periarticolari: basta quindi un movimento a provocare la lussazione. Si tratta di una patologia congenita piuttosto frequente negli under 35 e recidivante: se si verifica prima dei 18 anni, il paziente avrà il 90% di possibilità che accada di nuovo.
UN CASO DIFFICILE: L’INSTABILITA’ POSTERIORE
Può essere dovuta a un trauma sportivo oppure essere di origine displastica, cioè causata da ripetizione di movimenti volti a scaricare la tensione, i cosiddetti tic. Il primo sintomo è un fastidio nella zona posteriore della spalla accentuato durante movimenti che comportano carico. Proprio perché è poco frequente, può talvolta non venire correttamente diagnosticata, riconducendo i sintomi alla instabilità anteriore di spalla. Per questo motivo, l’instabilità posteriore tende a cronicizzarsi se il medico non esegue test specifici come il test ‘del cassetto posteriore’: si pone una mano a ponte tra scapola e vertice della scapola (coracoide) e con l’altra si imprime alla testa un movimento va-e-vieni, verificando se il paziente avverte dolore o sensazione di scatto. Utile anche l’artrografia con risonanza magnetica per individuare eventuali lesioni o la tomografia computerizzata (TAC) per controllare l’anatomia ossea e l’orientamento articolare.
TERAPIA O CHIRURGIA?
Nella scapola a scatto il trattamento conservativo è sempre consigliato perché efficace nel 50% dei casi. Si somministrano antiinfiammatori non steroidei per combattere il dolore, seguiti da sedute di fisioterapia e allenamento muscolare e posturale per 6-12 mesi. Nel caso di lussazione da instabilità dovuta ad un trauma, gli esperti raccomandano invece il trattamento chirurgico immediato per riportare l’articolazione al suo stato naturale e bloccare il dolore. Il paziente resta immobilizzato per 2-3 settimane e segue una riabilitazione fisioterapica per rinforzare i muscoli.
CHIRURGIA NELL’INSTABILITA’ POSTERIORE: IL 96,6% DEI PAZIENTI È SODDISFATTO DELL’INTERVENTO
Il trattamento conservativo è il primo approccio consigliato dagli esperti: antiinfiammatori per combattere dolore e infiammazione, fisioterapia e allenamento muscolare posturale per 6-12 mesi è la terapia di solito consigliata. Anche il l’instabilità posteriore inizialmente viene trattata in questo modo, riabilitando i muscoli rotatori esterni della spalla. La chirurgia è risolutiva e necessaria quando l’instabilità è dovuta a fattori meccanici modificabili con l’intervento, sia con le tradizionali tecniche “open” che con l’artroscopia. Interessante è la ricostruzione del legamento gleno-omerale con plicatura capsulo-labrale, indicata per lesioni non eccessivamente importanti; uno studio condotto dal Southern California Orthopedic Institute ha evidenziato che l’ 84,6% dei pazienti trattati ha ripreso l’attività sportiva e il 96,6% è rimasto comunque soddisfatto dopo l’intervento.
LA PAROLA ALL’ESPERTO
“Esiste un’importante differenza nella prognosi fra il giovane sportivo e il maturo sedentario, dopo un primo episodio traumatico alla spalla – spiega Cesare Mariani dall’Ospedale di Conegliano. – L’instabilità di spalla è l’unico caso in ortopedia per il quale le indicazioni riportate dalla letteratura scientifica e i tempi suggeriti per il trattamento possono essere diversi fra le due “popolazioni”, tanto che i due differenti approcci sono stati addirittura codificati. Molto spesso assistiamo a forzature sulle indicazioni e a trattamenti chirurgici d’urgenza nello sportivo professionista, che possono creare idee sbagliate nelle ‘persone comuni’ – conclude l’esperto – portandoli a fare all’ortopedico richieste esagerate, spesso pensando di essere Totti”.
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