È quanto sostiene lo studio milanese condotto tra il 2007 e il 2009 presso il Policlinico Universitario San Donato sotto la guida di Pietro Randelli*. Scelto tra una selezione di 500 studi, ha ricevuto il premio più ambito dai ricercatori durante il Congresso Internazionale di Chirurgia della Spalla e Gomito che si è svolto a Edimburgo l’8 settembre 2010 (ICSES).
*prossima pubblicazione su Journal of Shoulder and Elbow Surgery
A cura di Liana Zorzi
Il continuo sviluppo nella basic science research in ortopedia ha permesso di comprendere i meccanismi che stanno alla base della degenerazione dei tessuti, della riparazione delle lesioni e delle ferite, oltre alla rigenerazione di osso e tessuti. In questo panorama di opportunità biotecnologiche, la sfida degli ortopedici è comprendere cosa sia realisticamente applicabile alla salute del paziente e cosa, invece, sia il futuro, ma non la realtà, della medicina. Per questo motivo, dal mondo dell’ortopedia viene la richiesta di studi clinici rigorosi che permettano di definire i paletti di ‘realismo medico’.
Attenzione: il PRP accelera la guarigione non rigenera il tessuto
In occasione del Congresso SIGASCOT, abbiamo intervistato Pietro Randelli, il ricercatore italiano che ha ricevuto quest’anno il prestigioso riconoscimento internazionale per lo studio prospettico randomizzato controllato “Platelet Rich Plasma (PRP) in Arthroscopic Rotator Cuff Repair. A Prospective RCT Study.” che ha messo in evidenza l’indicazione specifica dell’uso del PRP nelle lesioni di spalla. “Il ruolo del PRP è fondamentalmente quello di aumentare, enfatizzare ed accelerare la prima fase di guarigione dei tessuti – spiega l’esperto. – Significa che non è verosimile ritenere che il PRP trasformi un tessuto che fa fatica a guarire in un tessuto nuovo che guarisce e ritorna rigenerato come prima della lesione. Il PRP non ha questa funzione mentre, invece, potrebbe essere il ruolo delle terapie cellulari con le staminali che però in questo momento non hanno una valenza scientifica sufficiente per poter già essere utilizzate”.
Lo studio clinico: meno dolore e tempi di guarigione dimezzati
Durante lo studio i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha ricevuto il PRP dopo la riparazione della cuffia dei rotatori in artroscopia, l’altro invece non ha ricevuto nessun trattamento con i fattori di crescita. Dopo l’intervento, entrambi i gruppi hanno seguito la stessa procedura di riabilitazione. Nel primo mese i ricercatori hanno testato il dolore in entrambi i gruppi e si è mostrato nettamente minore nel gruppo che aveva ricevuto i fattori di crescita. “Questo sembra dipendere dal fatto che i fattori di crescita rilasciano serotonina (un mediatore neuroendocrino che modula il dolore e quindi riduce la sensazione di dolore). Nei pazienti che avevano ricevuto il trattamento con il PRP, inoltre, la differenza in termini di recupero della forza e funzionalità della spalla era più evidente dopo i primi tre mesi mentre a sei mesi dall’intervento non c’era differenza tra i due gruppi.
“Ciò significa che i fattori di crescita non determinano una differenza nella guarigione sul lungo termine – sottolinea Randelli. – Il PRP infatti ha esclusivamente un’azione di accelerazione del processo di guarigione nella fase iniziale ovvero nel momento stesso in cui si verifica la lesione del tessuto che il corpo inizia fisiologicamente a riparare rilasciando fattori di crescita. L’uso del PRP permette di richiamare nella sede della lesione un numero maggiore di cellule e fattori di crescita che accorceranno i tempi di guarigione e, grazie alla caratteristica azione serotoninergica, permetteranno di ridurre notevolmente anche la sensazione di dolore.” In pratica, proprio per queste caratteristiche, il PRP presenta un duplice beneficio: dimezza i tempi di recupero che nel caso della cuffia dei rotatori passano da sei a tre mesi, e riduce il dolore post operatorio con conseguenze positive nella riabilitazione.

Pietro Randelli ha iniziato nel 2003 ad occuparsi di studi sui fattori di crescita. “Il nostro primo studio aveva l’obiettivo di verificare se nella spalla, dopo intervento di acromionplastica, vi fosse già un intenso rilascio di fattori di crescita. Dopo 15 minuti dall’intervento abbiamo prelevato del sangue dallo spazio subacromiale e abbiamo prelevato del sangue dal torrente venoso dello stesso paziente. Attraverso il test ELISA abbiamo dosato i fattori di crescita che, nella spalla, abbiamo trovato in concentrazione fino a quaranta volte maggiore rispetto al sangue venoso. Ciò significa che il corpo stesso aveva già rilasciato al momento della lesione i fattori di crescita – racconta Pietro Randelli – Il secondo è stato invece uno studio pilota che aveva l’obiettivo di valutare l’efficacia della tecnica di applicazione dei Fattori di Crescita in artroscopia dopo riparazione della cuffia dei rotatori. I risultati sono stati soddisfacenti in tutti i 14 pazienti trattati che sono guariti presentando un risultato comparabile al trattamento standard (ndr: questo studio è stato premiato nel 2006 dalla Società Americana di Sports Medicine, AOSSM)”.
Invitato a partecipare nel 2007 anche alla Orthopaedic Research Society, nell’ambito del congresso sella Società Americana di Ortopedia e Traumatologia (AAOS) con la presentazione dei suoi studi, l’attenzione sui lavori del ricercatore italiano è sempre molto alta. “Alla base degli studi che realizziamo c’è l’idea che, oggi, i chirurghi e i pazienti siano molto sensibili all’uso delle biotecnologie. Mentre il chirurgo ortopedico ha sviluppato capacità tecniche tali da permettergli di gestire praticamente qualsiasi situazione di ambito ortopedico, il punto di debolezza resta la biologia del paziente, ovvero la risposta che ogni paziente avrà al medesimo trattamento chirurgico. Se è pur vero che il PRP avrà una risposta migliore in un paziente con una biologia attiva, cioè in pazienti più giovani, – conclude il ricercatore – è anche vero che nelle gestione delle patologie degenerative dell’articolazione tipiche dell’anziano difficilmente il futuro sarà nell’uso del PRP. Forse potrebbe essere nelle cellule staminali, e in questa direzione sto orientando una nuova area di ricerca.”
Il dottor Pietro Randelli è Ricercatore in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università degli Studi di Milano, IRCCS Policlinico San Donato, Milano.
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