Non si tratta soltanto di SMS: l’arrivo di tutta una serie di applicazioni e di giochi interattivi ha aumentato la velocità d’uso delle dita sulle piccole tastiere degli smartphone e il perpetuarsi di questo uso ha posto in seria difficoltà le articolazioni delle mani, soprattutto il pollice e l’indice, tanto che da un po’ di tempo si notano, nei giovani patologie tendinee che vanno dalla semplice tendinite transitoria al cosiddetto “dito a scatto”.
A cura di Giovanni Cacia, con il contributo di Dr. Ferdinando Da Rin, Istituti Codivilla – Putti, Cortina d’Ampezzo (BL)
PRIMA DI TUTTO…ANATOMIA
Innanzitutto, le ossa della mano si articolano tra loro con le superfici cartilaginee, attorniate da una struttura capsulare e dai legamenti che stabilizzano l’articolazione stessa (fig. 1); mosse dall’azione dei muscoli – che sono la parte attiva del movimento – essi si prolungano nei tendini o nelle aponeurosi ovvero la parte terminale del muscolo che si fissa all’osso. Nella mano e nel polso i muscoli sono posti nell’avambraccio e si prolungano con i tendini che si dividono in due grandi gruppi: gli estensori e i flessori.
I due tendini flessori che arrivano alle dita lunghe sono chiamati tendine superficiale e profondo. Il superficiale si inserisce sulla seconda falange mentre il profondo si inserisce alla base della 3^ falange. Sul pollice si trova un solo flessore detto lungo, perchè nasce dall’avambraccio e si porta alla base della seconda falange: per questo motivo il pollice ha due sole falangi. Sul pollice poi, si portano i muscoli chiamati “intrinseci”; i loro tendini, chiamati flessore breve del pollice, abduttore breve del pollice, opponente del pollice e adduttore del pollice formano l’eminenza della mano detta “thenare”, che è quel rigonfiamento situato alla base del pollice. “Ipothenare” invece è il rigonfiamento situato alla base del 5° dito e costituito dal muscolo abduttore del 5° dito, flessore breve del 5° dito e opponente del 5° dito (fig. 3).
I tendini, prima di portarsi alle loro inserzioni, attraversano le strutture chiamate pulegge – strutture fibrose anelastiche che fungono da punti di riflessione del tendine stesso tenendolo adeso al piano osseo e favorendone la maggiore azione flessoria (fig. 4).
PERCHÉ IL DITO “SCATTA”
La patologia del dito a scatto interessa propriamente queste strutture, le pulegge (n.d.r.: nella figura sono evidenziate in azzurro): è in questa sede che l’uso prolungato o errato dei tendini flessori crea uno stop per un’infiammazione della guaina tendinea creando un’incongruenza tra contenuto (tendine e guaina) e contenente (puleggia). Il tutto a favore dei primi che diventando più grossi della struttura che li contiene creano la condizione patologica definita appunto “dito a scatto”.
A causa della tumefazione, il tendine flessore passa attraverso una puleggia stretta con uno scatto, appunto, movimento, che talvolta il paziente esegue aiutandosi con l’altra mano.
Il trattamento consiste, almeno in una fase iniziale, in cicli di ultrasuoni, o laserterapia. Successivamente se non si raggiunge il risultato sperato l’infiltrazione locale a base di cortisone, ripetibile ogni 7-10 giorni, può aiutare. Se la sintomatologia non regredisce, l’intervento chirurgico diventa necessario.
LA CHIRURGIA CHE ELIMINA LO SCATTO
L’intervento chirurgico in anestesia locale consiste nell’incidere la puleggia e lasciando “respirare” il tendine; di solito si incide solo la parte più prossimale della puleggia onde evitare la destabilizzazione del tendine. L’intervento avviene in regime ambulatoriale, con una copertura antibiotica per via orale e un analgesico al bisogno (fig. 5 e 6). L’intervento in genere avviene senza complicazioni, ma sono sempre da tenere in considerazione il rischio d’infezione o il ritardo di cicatrizzazione. Il post operatorio non comporta alcuna immobilizzazione, tranne un bendaggio che limita un po’ l’estensione del dito operato. Il controllo della ferita è utile dopo un paio di giorni per vedere che non siano presenti sofferenze locali; la desutura della ferita (quando i punti vengono tolti) avviene dopo 7-9 giorni.


La zona della puleggia alla base del pollice dove:
1) La puleggia
2) Il nervo digitalico
3) L’arteria e le vene digitaliche
Fig. 6 (tratto dal libro “la Mano” Ed. Piccin Autori: Bonola, Caroli, Celli)
L’intervento consiste nell’apertura della puleggia (2) con la evidenziazione del tendine flessore (1) nel caso del pollice e dei tendini flessori, superficiale e profondo, nel caso delle dita lunghe.
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