Mauro Bergamasco, flanker della Nazionale Italiana Rugby ha subìto un infortunio lo scorso Novembre durante un allenamento ed è stato sottoposto a intervento chirurgico in artroscopia per la riparazione della lesione del tendine sottoscapolare e del tendine sottospinoso della spalla destra (lesione complessa). Per il campione significa 4 mesi di riabilitazione e riposo; per noi tifosi 4 mesi senza Mauro.
di Irene Butta
AL SECONDO POSTO LA SPALLA
Il Rugby è lo sport di contatto con il più alto rischio di infortuni rispetto ad hockey, basket e baseball, per esempio. Lesioni al ginocchio e alla spalla (20%) sono in cima alla classifica: la causa maggiormente associata all’infortunio alla spalla è il placcaggio e rappresenta il 49% delle lesioni che possono avvenire durante un solo match. Significa quindi che il corpo di un rugbista, durante un solo match, rischia una lesione alla spalla nel 50% dei casi in cui è previsto un contatto. Questo perché il rugbista è sottoposto a diverse sollecitazioni muscolo-scheletriche: infatti, i frequenti contatti con l’avversario richiedono doti di grande forza esplosiva e reattiva per i cambi di direzione repentini e lo sprint associato alla collisione e alle frenate brusche.
PREPARAZIONE ATLETICA
È molto difficile immaginare di ridurre i rischi di lesioni che derivano dal ‘contrasto’ con l’avversario: sarebbe necessario eliminare i placcaggi che però rappresentano l’anima del rugby. Secondo i nostri esperti un modo per contenere le lesioni ci sarebbe. “Solo con una preparazione atletica continua, basata sia sul potenziamento muscolare bilanciato che sulla ginnastica propriocettiva e di simulazione del gesto atletico – spiega Paolo Avanzi traumatologo della spalla dell’Ospedale Sacro Cuore di Negrar (VR) – è possibile diminuire il rischio di lesioni alle spalle”. Conoscere alla perfezione il gesto atletico, il proprio corpo e come risponde all’attacco dell’avversario in campo non è soltanto una questione di vittoria o sconfitta, ma anche di salute. Lo sa bene Bergamasco che, come spiega Enrico Sartorello, primario-rugbysta di Ortopedia dell’Ospedale di Bassano (VI), senza quella possente muscolatura avrebbe certamente subito un danno di entità maggiore rispetto a quello che costringerà fuori dal campo soltanto per 4 mesi.
TEMPO: QUANTO E’ IMPORTANTE?
Non tutto è prevedibile, però. Il risultato di un buon allenamento e di una buona conoscenza del gesto tecnico è utile per evitare di farsi davvero male in campo. Quando, come nel caso del flanker della Nazionale, l’infortunio accade nonostante la grande preparazione atletica, la tendenza della moderna ortopedia e traumatologia sportiva è ricorrere alla chirurgia nel più breve tempo possibile. “La tempestività nell’eseguire il trattamento chirurgico,- afferma Avanzi – influisce sicuramente sui processi di guarigione perché, avendo dei tessuti tendinei non ancora sclerotizzati, aumentano le percentuali di reintegrazione tendine-osso. Tuttavia nei confronti di una rieducazione accelerata non è ancora stato dimostrato che le fasi della infiammazione che guidano il processo di guarigione possano essere più rapidi”.
È dimostrato invece che la cicatrizzazione tendinea si completa in una prima fase di circa 6 mesi con l’integrazione del tendine all’osso per poi essere seguita da una fase di rimodellamento della cicatrice che può durare fino a 2 anni.
L’intervento a Bergamasco è stato eseguito dopo circa 2 settimane dall’infortunio dal dottor Giuseppe Pacelli, in equipe con i medici della Nazionale Pozzoni e Bait, presso il Centro di traumatologia dello sport dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. “Nel caso di Bergamasco – spiega il dottor Enrico Sartorello, ortopedico-rugbysta e primario di Ortopedia dell’Ospedale di Bassano – il trauma ha provocato una lesione tendinea non comune”. La diagnosi, in ogni caso ma soprattutto nei casi di trauma, è molto importante e si basa prevalentemente due elementi clinici:
1) la dinamica dell’incidente ovvero cosa è successo in campo;
2) test specifici;
3) la Risonanza Magnetica che permette di valutare l’entità della lesione.
“La diagnosi – continua Sartorello – è sì molto importante per poter decidere il tipo di intervento ma è altrettanto importante attendere il giusto tempo affinché si riduca l’infiammazione dei tendini lesionati prima di poter procedere chirurgicamente. Per questo motivo tra il trauma e l’intervento sono trascorse due settimane”.
CONSIGLI DI PRIMO SOCCORSO IN CAMPO
Come nel caso dei grandi campioni, il primo intervento dopo l’incidente prevede l’applicazione della borsa del ghiaccio perché ha un’azione antalgica (allevia il dolore) e aiuta a ridurre l’infiammazione. Soltanto all’arrivo in ospedale, l’arto viene immobilizzato e si procede con la diagnosi.
Nei casi simili a quello di Bergamasco e nella più comune lesione del sovraspinato, la chirurgia artroscopia prevede la sutura all’osso del tendine o dei tendini strappati. “Sull’osso vengono applicate delle ancorette dotate di un anello attraverso cui il chirurgo fa passare il filo che àncora all’osso il tendine nastriforme della cuffia dei rotatori – spiega Sartorello. – Infine, l’arto viene immobilizzato in una particolare posizione che gli ortopedici chiamano ‘posizione del venditore di cravatte’. Questa posizione che può sembrare bizzarra, è invece necessaria per eliminare la tensione al tendine suturato e permettere una guarigione che conservi l’elasticità del tendine riparato” conclude il primario di Bassano.
IL TRATTAMENTO POST-OPERATORIO
I fattori che possono influenzare il ritorno all’attività agonistica, dopo un intervento di lesione della cuffia, sono molteplici e, generalmente, il periodo può variare dagli 8 ai 12 mesi ma dipende dal tipo di lesione. Il trattamento post-operatorio varia in funzione delle dimensioni della rottura tendinea e dalle garanzie che la sutura offre al chirurgo e che dipendono dalla qualità del tendine riparato, oltre ovviamente alle condizioni di salute generale e dall’età del paziente. “In un atleta come Mauro Bergamasco è stato stimato un tempo di recupero funzionale pari a 4 mesi di cui un mese di immobilizzazione, 1 mese di fisioterapia e recupero dell’atrofia muscolare che si sviluppa nel mese di immobilizzazione, 1 mese di recupero all’allenamento e 1 mese di riatletizzazione – afferma l’ortopedico-rugbysta di Bassano. – Non dimentichiamoci infatti che la riabilitazione e il recupero post-operatorio sono influenzati dalla richiesta funzionale prevista dall’attività del paziente ovvero dalle esigenze performatiche dell’arto operato. Il tempo di recupero – conclude Enrico Sartorello – dipenderà non soltanto dai molteplici fattori clinici ma anche dallo stile di vita del paziente”.
1. Una prima fase in cui l’obiettivo della riabilitazione è ristabilire un range di movimento non doloroso, ritardare l’atrofia muscolare ed eventualmente ridurre l’infiammazione e il dolore.
2. Poi, quando il movimento sarà completo e la dolorabilità minima, è possibile passare al rinforzo graduale del muscolo, migliorando anche il controllo neuromuscolare del complesso della spalla.
3. Infine, il movimento sarà completo, con assenza di dolore e con un progressivo rinforzo muscolare contro resistenza.
Fonti:
Antonio Siepi http://www.antoniosiepi.com/video/arto-superiore/esercizi-di-riabilitazione-per-la-spalla/
La spalla.org http://www.laspalla.org/pagine/faq03.html