Protesi d’anca, la durata dipende dalla salute del femore

Protesi d’anca, la durata dipende dalla salute del femore

Secondo i ricercatori del South California Medical Group di San Diego in un recente studio pubblicato su Jama, l’intervento di sostituzione di protesi d’anca sarebbe più a rischio di fallimento per le donne americane.

Vale anche per le donne italiane?

Ne abbiamo parlato con il dottor Paolo Esopi, primario del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale di Dolo (VE), scoprendo che il fallimento dell’intervento dipende più dalla salute delle ossa che dal genere.

A cura di Liana Zorzi 

Dottor Esopi, perché può fallire un intervento di sostituzione di protesi d’anca nelle donne?

Dottor Esopi

“Secondo la mia esperienza, e con le protesi attualmente in uso, se ben posizionata durante l’intervento la protesi non fallisce – spiega l’esperto. – Quello che determina il fallimento di un intervento di sostituzione è la scarsa cura della protesi dopo l’intervento e il cosiddetto fallimento dell’osso, ovvero le alterazioni fisiologiche osteporotiche, per esempio, dovute alla menopausa. Mi spiego: se una donna mette una protesi d’anca a 60 anni, probabilmente il versante femorale si allenterà con il passare il degli anni a causa delle alterazioni ossee dovute all’osteoporosi; questo potrebbe portare una insufficienza d’osso che potrebbe far scegliere una protesi diversa da quella prevista in caso di revisione di protesi. Oltre al fatto che le alterazioni d’osso sono riscontrabili dopo 15/20 anni dal primo impianto, noi ortopedici disponiamo di modelli diversi di protesi e steli (la parte che viene impiantata nel femore); di conseguenza possiamo fare la scelta giusta per il tipo di problema e paziente che abbiamo di fronte, evitando il fallimento dell’intervento.”

Cosa accade invece se una donna mette la protesi d’anca in giovane età?

“Ci sono donne che, per diverse cause, già a 50 anni si trovano in una situazione di artrosi delle anche che richiede l’intervento di protesi. Io sono contrario all’idea di far aspettare altri 10 anni alla paziente perché, dopo l’intervento, la qualità della vita migliora da subito. Attendere i 60 anni prima dell’intervento di endoprotesi poteva avere senso nel passato quando i materiali con cui le protesi venivano costruite avevano una durata limitata e quindi esisteva il problema dell’usura. A me, per esempio, capita di fare interventi di revisione di protesi a donne di 70 anni che hanno fatto l’intervento a 50 anni e, per la peculiarità dei materiali con cui erano fatte, è fallito il materiale con cui era fatta la protesi. Problema che oggi non esiste più”.

Significa che le protesi durano quanto dura l’osso?

“Mi spiego: se un paziente di 40 anni facesse oggi un intervento di protesi d’anca, meccanicamente la protesi potrebbe durare fino all’età di 80 anni e oltre; purtroppo l’osso, durante il processo di invecchiamento di quel paziente, subirà delle modificazioni fisiologiche che potrebbero rendere necessario un intervento di revisione.

Oggi, il focus dei bioingegneri è soprattutto sui materiali con cui viene realizzato il pezzo di protesi che viene posizionato nel femore (lo stelo) perchè si tratta di un osso che va sicuramente incontro a modifiche sia nell’uomo che nella donna. Grazie alla ricerca di laboratorio, oggi sono disponibili steli che hanno avuto un trattamento di superficie che favorisce l’osteointegrazione, cioè l’osso cresce dentro la protesi aumentando la durata della protesi nonostante le modificazioni del femore. Materiali e ricerca sono importanti, ma è sempre più fondamentale il posizionamento corretto della protesi”.

Donne sostituzione protesi ancaDonne sostituzione protesi ancaLo studio

Per le donne, l’intervento di sostituzione protesica totale dell’anca comporta più rischi che per l’uomo, una volta considerati tutti i fattori legati al paziente, al tipo di intervento, al chirurgo, al tipo di protesi utilizzata e ai volumi di ciascun reparto: è questa la conclusione di uno studio americano appena pubblicato online su Jama internal medicine.

Il genere ha ruolo importante nel fallimento dell’artroplastica
In tutto il mondo, gli interventi di protesi d’anca parziale o totale sono più frequenti nelle donne: secondo i dati più aggiornati del Registro italiano artroprotesi (Riap) istituito nel 2006 dall’Istituto superiore di Sanità, gli interventi di sostituzione totale riguardano per il 60% le donne e per il 40% gli uomini (con uno squilibrio che arriva a 75% contro 25% circa nelle protesi parziali). Finora, però, non era chiaro se il genere costituisse un fattore di rischio in sé, come è stato da tempo accertato per altre diffuse procedure chirurgiche. Per questo Maria Inacio e colleghi del Southern California permanente medical group di San Diego hanno valutato in 35.140 pazienti il rischio di andare incontro a breve termine a una revisione della protesi. Nel corso del follow-up (mediana 3 anni). L’ampia coorte proviene da un registro che tra il 2001 e il 2010 ha raccolto i dati di 46 diversi ospedali, relativi a soggetti con un’età media di 66 anni, per il 57,5% donne sottoposti come detto a sostituzione totale. «Nella nostra analisi di un’ampia coorte sottoposta a artroplastica totale d’anca, che comprendeva un campione diversificato proveniente da 46 ospedali, abbiamo osservato che al termine di un follow-up con mediana di 3 anni le donne presentano un rischio più elevato di revisione per tutte le cause (hazard ratio 1,29) e di revisione asettica (hazard ratio 1,32), ma non di revisione settica (hazard ratio 1,17)» spiegano Inacio e colleghi, rivendicando la rilevanza clinica di questa conclusione. «Il ruolo del genere, in relazione al fallimento dell’artroplastica totale d’anca, è importante per la gestione del paziente e per l’innovazione tecnologica».

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