Over the Top: a 90 anni

Numerosi autori hanno evidenziato che circa il 50% degli over85 riferisce almeno una caduta all’anno, con una frequenza superiore del 50% nelle donne rispetto agli uomini. Una caduta può provocare lesioni e fratture più o meno gravi: anca, femore e omero le più comuni tra gli anziani. Le conseguenze spesso sono ospedalizzazione e immobilizzazione con perdita di autostima, depressione e lunghi tempi di recupero. E come rileva uno studio dell’Università di Catania, si calcola che, con l’aumento dell’invecchiamento della popolazione, l’incidenza delle fratture continuerà ad aumentare.
A cura di Redazione Orthopedika
L’ INCIDENTE DOMESTICO

Ada è un’anziana signora di 90 anni, nonna di una nostra lettrice della provincia di Bergamo. Come ci racconta la nipote per email, nel Marzo 2010 la signora Ada subisce una frattura scomposta dell’omero del braccio destro, relativamente frequenti negli anziani tanto da rappresentare l’1% di tutte le fratture. Pur avendo 90 anni, Ada gode di buona salute – soffre di una lieve forma di osteoporosi – vive da sola, è autonoma, sbriga tutte le sue faccende domestiche, legge, ama le parole crociate, lavora a maglia, cucina, lava: insomma, conduce una vita normale. Durante la notte, complici la scarsa illuminazione e la carenza di dispositivi di sostegno, Ada cade mentre sta andando verso il bagno della sua abitazione. Non riuscendo a risollevarsi da terra, cerca invano di trascinarsi verso il telefono. Trascorrono alcune ore prima che i vicini di casa si accorgano della richiesta di aiuto e chiamino il 118, tempestivo nel prestare le prime cure.

IL PRONTO SOCCORSO

Al pronto soccorso i medici effettuano una prima valutazione dello stato generale, esami chimici e diagnostici, radiografie. La diagnosi è frattura scomposta dell’omero del braccio destro e i medici di applicare una fasciatura, una specie di stretto bendaggio amidato tipico nei soggetti anziani che di solito viene mantenuto per circa 20-25 giorni, in attesa di valutare il caso. Dopo qualche ora, quindi, Ada è di nuovo a casa e in attesa di una valutazione.

L’INTERVENTO

Senza la possibilità di usare il braccio destro, però, la signora di Bergamo si trova in estrema difficoltà e non riesce a condurre la sua vita in modo sereno. La nipote quindi, insieme ai famigliari e alla nonna, decide di informare i medici che Ada è davvero insofferente: vuole tornare alla sua vita nel più breve tempo possibile. Gli ortopedici, valutato il caso clinico, ma soprattutto la determinazione della novantenne bergamasca, decidono di ricoverare la signora dopo un paio di giorni – necessari per gli esami di ruotine – sottoporla all’intervento chirurgico di riduzione della frattura e applicare il fissatore di Hoffman, una struttura fissa esterna in metallo fissata al braccio con alcune viti chiamate fiches. Il fissatore di Hoffman permette la mobilità dell’arto e, anche per questo motivo, è frequentemente scelto sia per i bambini che per gli anziani. Una notte in ospedale, ma solo per precauzione, e poi di nuovo a casa con un programma di controlli regolari preceduti da radiografie di valutazione (1 controllo al mese per 5 mesi), 3 volte la settimana pulizia del fissatore e medicazione in prossimità delle 6 viti.

LA RIABILITAZIONE

Da Marzo ad Agosto la vita della signora Ada è stata scandita dalla sua solita routine e dai controlli in ospedale; poi la rimozione del fissatore (senza anestesia, come prevede il protocollo) e la riabilitazione. “La nonna si è impegnata tanto seriamente e con così grande motivazione – racconta ancora la nipote – che non è mai mancata una volta in palestra per la riabilitazione, non si è mai lamentata degli esercizi con il fisioterapista, anche se qualche volta si è lamentata perché aveva altri impegni, e ha continuato a fare i suoi esercizi a casa, come le avevano insegnato in palestra. Sono seguite le visite fisiatriche, i controlli e i cicli di terapie. Il percorso di guarigione non è breve – continua la nipote – ma ne vale la pena anche a 90 anni”.

IL MOTIVO PER CUI LA NOSTRA LETTRICE DI BERGAMO CI HA SCRITTO?

“Spesso si dà voce alla mala sanità, ai medici che sbagliano e uccidono in sala operatoria. Gli ortopedici che hanno seguito la nonna avrebbero potuto fare altre scelte, aspettare che la frattura guarisse da sola lasciandole il bendaggio, come è frequente negli anziani, vista anche la sua età; invece, hanno scelto per una medicina personalizzata. Non hanno guardato l’età anagrafica ma la persona, le sue esigenze, il suo stile di vita, la sua fiducia nella guarigione e la motivazione a tornare a casa sua, autonoma quasi come prima”.

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