Sono 14 le varianti del genoma che influenzano il rischio di frattura e la densità ossea (BMD, bone mineral density). È quanto emerge da uno studio pubblicato il 15 Aprile su Nature Genetics.
A cura di Irene Butta
Il gruppo di ricerca internazionale, coordinato dall’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, ha esaminato più di 80.000 soggetti provenienti da diversi paesi nel mondo nell’arco di venti anni compiendo la mappatura più estesa mai fatta per risalire alle cause dell’osteoporosi.
I ricercatori hanno identificato 56 geni correlati con la massa ossea, di cui 24 erano già noti, confermando precedenti ricerche effettuate. Alcuni di questi geni sono però totalmente nuovi e nei soggetti sono stati effettuati studi di genome-wide scan (che consente l’investigazione dell’intero genoma umano) per identificarne la correlazione con il rischio di frattura da fragilità, che è stata verificata in 14 geni.
“Lo studio dei nuovi geni identificati potrebbe rappresentare la base per lavori sulla fisiopatologia del tessuto osseo e per la scoperta di nuovi farmaci per la fragilità ossea” afferma Maria Luisa Brandi, direttore del dipartimento di Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo dell’ospedale universitario Careggi di Firenze.
Secondo André Uitterlinden, professore di Genetica Complessa all’Erasmus, questo tipo di approccio permetterà di continuare a identificare centinaia di varianti comuni che sottendono il rischio di osteoporosi e fratture, ma occorrono nuovi studi e nuove tecnologie per approfondire la ricerca.
“All’Erasmus stiamo lavorando ad un progetto di sequenziamento dell’intero genoma di tremila individui – conclude lo studioso – che ci aiuterà a capire i puntelli genetici di una malattia complessa come l’osteoporosi”.
Fonte: www.nature.com
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