Sulla scia delle recenti critiche sollevate dalla stampa nei confronti di un particolare tipo di protesi d’anca che sarebbe stata immediatamente ritirata dal mercato, abbiamo cercato di sapere dagli esperti di Orthopedika Journal, quali caratteristiche dovrebbe avere la protesi perfetta. Nessuno si sbilancia a indicare un tipo di protesi piuttosto che un altro anche se ognuno ha le sue preferenze. Come ha detto Renzo Bianchi, ex Direttore di Ortopedia dell’Ospedale di Feltre (BL), “la scelta di una protesi è una questione di affinità per il chirurgo oltre ad essere una questione di indicazione per il paziente”.
A cura di Giovanni Cacia
QUALI CARATTERISTICHE DOVREBBE AVERE LA PROTESI PERFETTA?
In sintesi, gli esperti ritengono che Morfologia, Struttura e Rivestimento che garantiscano per tanti decenni la stabilità e l’integrazione con l’osso siano le caratteristiche fondamentali che una protesi dovrebbe avere per considerarsi ‘perfetta’.
Ma, a questo punto le virgolette sono necessarie perché design e tecnologia dietro alla protesi sono certamente importanti, ma lo sono in ugual misura anche l’esperienza del chirurgo nell’effettuare l’intervento, la patologia del paziente, le caratteristiche morfologiche dell’articolazione; tutte componenti importanti per il buon esito dell’intervento.
In breve, quindi, le 5 caratteristiche della protesi perfetta secondo Orthopedika Journal:
1. la protesi deve restare saldamente fissa all’osso femorale
2. l’accoppiamento testa e acetabolo deve essere il migliore per la salute del paziente e la stabilità della protesi: attualmente l’accoppiamento ceramica-ceramica è la migliore
3. No produzione di detriti e quindi ridotta osteolisi
4. Integrazione ottimale con l’osso che circondante
5. Compatibilità biologica tra materiale e tessuti biologici: attualmente il materiale migliore disponibile è la lega di titanio
Il problema della mobilizzazione della protesi, ovvero lo scollamento della protesi dall’osso è molto importante sia per gli esperti che per i pazienti. Tale fenomeno è causato da un processo definito ‘periprotesico di riassorbimento dell’osso circostante’ determinato in parte dall’accoppiamento protesico ovvero dal materiale con cui sono realizzate la testa protesica e l’acetabolo dove si effettua il movimento articolare. Gli accoppiamenti oggi più utilizzati sono metallo-politilene, ceramica-politeline, metallo-metallo, ceramica-ceramica: quest’ultimo accoppiamento è, secondo il professor Turi, il migliore perché ha dimostrato di produrre meno detriti (prodotti dello sfaldamento dell’osso) e quindi essere responsabile di minor osteolisi e ridotto scollegamento con l’osso, tutti fattori frequentemente responsabili della mobilizzazione della protesi.
Recentemente, infatti, molteplici evidenze hanno riscontrato che l’accoppiamento metallo-metallo, pur molto usato e con ottimi risultati, in alcuni pazienti ha liberato nell’organismo ioni metallo con conseguenze sulla salute.
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