Ginocchio: quando la protesi può attendere

Ginocchio: quando la protesi può attendere

Grazie ai progressi in campo medico e bioingegneristico la chirurgia protesica del ginocchio si è evoluta notevolmente negli ultimi 20 anni contribuendo in maniera sostanziale al miglioramento della vita di molte persone affette da patologie degenerative. Grazie alle tecniche chirurgiche sempre più raffinate è possibile ottenere un recupero della normale funzionalità con scarsa o nulla sintomatologia dolorosa nel 90-95% dei casi, con sopravvivenza degli impianti a oltre 10 anni.

A cura di Irene Butta, intervista il dottor Alberto Agueci, Direttore dell’U.O. di Ortopedia dell’Ospedale di Conegliano (TV)

QUANDO MUOVERSI PROVOCA DOLORE
La rigidità e il dolore al ginocchio hanno la caratteristica di aumentare con il passare del tempo. L’artrosi di ginocchio, ovvero la gonartrosi, è una frequente patologia che colpisce per lo più la popolazione anziana (>65anni). La patologia è dovuta al consumo precoce dei capi articolari, che dunque non permettono di camminare senza sentire dolore, generalmente più intenso al mattino, che si attenua con il movimento durante il giorno ma può riacutizzarsi in presenza di sforzi, e generalmente si attenua nuovamente durante il riposo notturno. La funzionalità articolare diventa limitata prima dal dolore, poi dagli ostacoli di natura meccanica che possono impedire lo svolgimento delle normali attività o rendere difficili anche le abituali funzioni della vita di relazione.
Quando la vita quotidiana non è più possibile, è sempre necessario l’intervento di protesi? Lo abbiamo chiesto al dottor Alberto Agueci, Direttore dell’U.O. di Ortopedia dell’Ospedale di Conegliano (TV).
“In generale – spiega il Direttore dell’U.O. di Ortopedia – l’indicazione all’impianto di una protesi di ginocchio è la degenerazione artrosica dei capi articolari, accompagnata o meno da una deviazione assiale dell’arto inferiore. Significa che l’articolazione inizia a far male anche durante le normali attività quotidiane e la funzionalità dell’arto viene limitata. Vi sono poi casi particolari come per esempio patologie reumatiche, patologie neoplastiche, eccetera che necessitano l’intervento protesico. Tuttavia – conclude l’esperto – esistono alcune controindicazioni ad una protesizzazione di ginocchio: un’infezione attiva, condizioni generali compromesse tali da rendere il rischio operatorio troppo elevato, o patologie vascolari tali da comportare un elevato rischio di complicanze tromboemboliche”.

QUALI POSSONO ESSERE LE ALTERNATIVE AL TRATTAMENTO CHIRURGICO?
Nel paziente anziano un’alternativa è la terapia infiltrativa con acido ialuronico ad alto peso molecolare, altrimenti detta viscosupplementazione. Nel paziente giovane si può evitare l’intervento chirurgico con la terapia infiltrativa con le cellule mesenchimali, associata ad un debridement articolare artroscopico. Si tratta di una pulizia articolare eseguita quasi sempre in artroscopia che consiste nel rimuovere parti di tessuto degenerato (es. menischi) , smussare eventuali irregolarità ossee o cartilaginee, asportare frammenti liberi. Solitamente viene utilizzata nelle fasi iniziali dell’artrosi allo scopo di migliorare la funzionalità dell’articolazione. Qualora siano falliti il trattamento di debridement e infiltrazione di cellule mesenchimali e in assenza di controindicazioni sarà invece necessario ricorrere all’intervento di protesi.

I RISCHI DELL’ARTROPROTESI DI GINOCCHIO
La protesizzazione del ginocchio è un intervento comune e in grado di fornire grande beneficio al paziente. Ciò nonostante, è un intervento di chirurgia maggiore e, come per la protesi d’anca e ogni altro tipo di protesi, l’infezione periprotesica è la complicazione più temibile, poichè la superficie metallica dell’impianto costituisce un terreno ideale per la crescita dei batteri al riparo dalle difese immunitarie dell’organismo. Si verifica mediamente nell’1% dei casi, anche in presenza di una procedura chirurgica corretta e di una profilassi antibiotica adeguata, e generalmente in pazienti con patologie correlate tipo diabete mellito o immunodeficienza. Sebbene la maggior parte delle infezioni si presenti nell’immediato post-operatorio, esiste la possibilità che si manifesti anche a distanza di anni. Il trattamento passa quasi sempre attraverso il reintervento che può consistere in un intervento di pulizia, ma può anche consistere in una sostituzione della protesi se l’infezione è cronicizzata o ad esordio tardivo.

COM’È IL DECORSO POSTOPERATORIO?
Dopo l’intervento, il paziente rimane ricoverato per un tempo variabile in funzione dell’età, delle malattie coesistenti, della capacità di effettuare il programma riabilitativo. Le protesi monocompartimentali hanno solitamente un decorso molto più veloce rispetto alle totali, in ragione della loro minore invasività. Già in prima giornata il paziente inizia gli esercizi passivi di flessoestensione del ginocchio, così da ridurre il rischio di rigidità. Il raggiungimento di una buona articolarità del ginocchio operato già nei primi giorni dopo l’intervento è un fattore fondamentale per avere un risultato ottimale. La deambulazione inizia in genere in seconda giornata, con l’ausilio di stampelle per ridurre il carico sull’arto operato. Negli impianti cementati è possibile eliminare le stampelle precocemente, non appena i tessuti molli siano guariti (dopo 2-3 settimane). Dopo 4-6 settimane, in presenza di un decorso regolare, il paziente può tornare ad una vita del tutto normale.

© Orthopedika Journal

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