Ernia inguinale da sport, una malformazione tra le possibili cause

Ernia inguinale da sport, una malformazione tra le possibili cause

Si ritiene comunemente che l’ernia inguinale da sport sia una patologia che interessa solo gli atleti professionisti che sollecitano molto gli arti inferiori; in realtà, può colpire chiunque faccia attività sportiva perché la causa potrebbe essere congenita.

A cura di Andrea Ghezzi

Uno studio recentemente presentato dai ricercatori dell’Università della Virginia ipotizza che esista una relazione tra malformazione della testa del femore o dell’acetabolo o di entrambi (chiamata “impingement acetabolo-femorale”) e indebolimento dei muscoli e tendini della parete inguinale anche in persone non predisposte geneticamente a questo tipo di lassità.
In particolare, i giovani sportivi che praticano sport che comportano una grande sollecitazione degli arti inferiori come per esempio calcio, rugby, hockey e sci di fondo, tendono a presentare lesioni della parete inguinale con disturbi spesso di non facile individuazione per l’assenza di segni riscontrabili dal medico a occhio nudo o tramite palpazione. Solo la cronicità del dolore accusata dallo sportivo nella zona del basso addome, in particolare le classiche “fitte”, può far sospettare della presenza di questa patologia; l’identificazione precisa per una corretta diagnosi arriva solo tramite una serie di accurati esami clinici, ecografici, di risonanza magnetica e RX bacino.

A RIPOSO FORZATO
Generalmente, il primo step verso la soluzione del problema, è la terapia conservativa: il paziente smette di praticare attività motoria e viene sottoposto a un periodo congruo di riposo forzato, alternato però a sedute di terapia fisica riabilitativa e alla somministrazione di anti-infiammatori che contribuiscono a migliorare la situazione. La soluzione conservativa è spesso non efficace nel lungo periodo, e in tal caso è necessario ricorrere all’ intervento chirurgico che va a riposizionare e riparare la parete inguinale danneggiata.

L’INTERVENTO È RISOLUTIVO PER MOLTI MA NON PER TUTTI
Di norma, l’intervento chirurgico è definitivo e risolutivo per circa l’87% dei pazienti che, in circa due mesi, riesce a riprendere la pratica sportiva forzatamente interrotta, senza presentare ulteriori problemi.
Il restante 13% degli atleti colpiti da questo tipo di ernia, purtroppo, nonostante l’intervento chirurgico non riesce più a recuperare la condizione fisica precedente all’insorgere della patologia, ma migliora comunque in maniera sensibilmente maggiore rispetto alla terapia conservativa.

Se venisse confermata la teoria dei ricercatori americani, sarebbe a “rischio ernia” non solo chi per cause genetiche presenta una parete posteriore del canale inguinale eccessivamente debole, ma anche il paziente affetto da “inpingement acetabolo-femorale”, che non a caso si presenta nella maggior parte dei casi in giovani che praticano attività sportiva e che quindi, mettendo sotto sforzo l’articolazione malformata, contribuiscono all’insorgenza della patologia.

Foto tratta da albanesi.it

No comments yet.

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.