La star del momento è il cileno Edison Pena uno dei 33 minatori rimasti intrappolati per oltre 2 mesi nella miniera di San Josè in Cile, che il 7 Novembre è riuscito a tagliare il traguardo della maratona di New York. Soprannominato “The Runner”, durante il periodo di “prigionia”, Pena si è allenato ogni giorno percorrendo più volte il corridoio sotterraneo; nonostante un allenamento svolto in condizioni non esattamente ottimali, ha partecipato alla Maratona di New York percorrendo i 42 km in poco meno di 6 ore. Durante la gara sembrava essersi ritirato a causa di un infortunio, tuttavia l’importanza di arrivare al traguardo lo ha spinto a proseguire camminando con l’aiuto del ghiaccio.
Ma quali sono i rischi corsi dall’atleta cileno? E quali le ripercussioni sulla salute a cui va incontro un atleta poco preparato? L’abbiamo chiesto al nostro esperto, Enrico Sartorello, rugbysta e Direttore della Struttura Complessa di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale San Bassiano (VI), oltre ad essere Traumatologo della Benetton Basket e Rugby e seguire molti sportivi tra cui anche maratoneti.
A cura di Liana Zorzi e Irene Butta
IMPARA A CORRERE E PREVIENI LE LESIONI DA OVERUSE
“La corsa non coinvolge solo l’articolazione del ginocchio e della caviglia, ma anche il piede che arriva prima con il tallone e poi con la punta, i muscoli della gamba; poi il carico passa dal ginocchio, all’anca, al bacino, alla schiena. Se ogni distretto non svolge il movimento nella maniera corretta, il carico nel gesto tecnico errato darà luogo a un sovraccarico e quindi al dolore” spiega Sartorello. Per farsi un’idea dei traumi a cui va incontro un maratoneta, basti pensare che durante la corsa, ogni passo carica sulle strutture articolari e tendinee un peso di 3 volte superiore al peso corporeo. Per esempio, un maratoneta che pesa 70 kg e compie circa 1000 passi ogni km, in gara scarica sul terreno, e quindi sulle articolazioni, ossa, muscoli, tendini e legamenti, circa 8400 tonnellate (peso corporeo 70 kg x 3 x 1000 passi a Km x 42 km). “Ad ogni passo quindi, corrisponde una vibrazione, un carico sulle strutture articolari e tendinee dato dall’impatto che il peso corporeo ha sul terreno. Per questo motivo, capita di riscontrare nei maratoneti fratture ossee delle dita dei piedi determinate dalle vibrazioni e chiamate, appunto fratture da durata o da marcia” sottolinea il Primario di San Bassiano.
Pochi accorgimenti elementari sono alla base della prevenzione delle lesioni da overuse nella corsa:
• apprendere la tecnica di corsa (il web fornisce molte informazioni utili!)
• rilevare la presenza di eventuali anomalie posturali (rivolgersi ad un medico dello sport per la valutazione della postura: potrà fornire consigli utili e personalizzati per correre al meglio),
• scegliere la tipologia delle calzature (le scarpe del runner sono importanti tanto quanto apprendere la tecnica di corsa)
• ricorrere ad una preparazione atletica adeguata (non basta soltanto ‘mettersi a correre’, ma è importante scegliere allenamenti adatti, alimentazione corretta, abbigliamento)
• saper scegliere il proprio terreno di corsa (meglio la terra e l’asfalto piuttosto che il cemento e il tessuto delle piste d’atletica molto meno elastici rispetto ai primi).
QUANDO IL DOLORE CONTA MENO DELLA MOTIVAZIONE
“Quando la preparazione è insufficiente, come nel caso di Edison Pena, le lesioni cui può incorrere un maratoneta non professionista sono soprattutto a carico dei tendini e dei legamenti” spiega Sartorello. Un allenamento poco ‘adatto’, può portare a lesioni croniche da sovraccarico (dette anche da overuse), cioè all’infiammazione del tendine sovraffaticato da cicli di lavoro ripetuti, come nella corsa appunto, che provoca dolore pur non arrivando quasi mai alla rottura. “E’ come se un elastico venisse continuamente tirato; dopo un numero ripetuto di volte può perdere di elasticità, magari non si rompe del tutto, ma diventa poco utilizzabile. Così accade anche per i tendini” conclude l’esperto. Nel caso del minatore cileno, così come nella maggior parte dei maratoneti non professionisti, la motivazione a completare la gara è talvolta più elevata della preparazione tecnica. Infatti, non di rado, il runner completa la sua gara anche in presenza di traumi più o meno gravi. “Dipende dalla resistenza, dalla motivazione psicologica e soprattutto dalla soglia di dolore che varia da persona a persona.” afferma il traumatologo. “Probabilmente il minatore rinchiuso per 69 giorni a 700 metri di profondità e in condizioni proibitive, abituato a svolgere un lavoro usurante e faticoso come quello del minatore, credo abbia una soglia di dolore decisamente elevata rispetto ad altre categorie di persone” dice Sartorello. “Nel caso di Pena, concludere i 42 km della maratona in poco meno di 6 ore e con una lesione, è stata certamente una vera e propria impresa sportiva ma prima di tutto, una mirabile impresa umana.”