È possibile provare il dolore lancinante del ‘gomito del tennista’ senza aver mai preso in mano una racchetta da tennis? Conoscono la risposta coloro che praticano lavori ripetitivi come artigiani, chirurghi plastici, casalinghe, scrittori, musicisti, chi pratica il sollevamento pesi e .. il 50% dei tennisti non professionisti.
A cura di Liana Zorzi in collaborazione con il dottor Andrea Miti, primario del Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre, Venezia
Nota come ‘gomito del tennista’, l’epicondilite è una patologia acuta che coinvolge i tendini connessi all’epicondilo, una struttura ossea del gomito, ed è caratterizzata dall’infiammazione dei tendini dei muscoli estensori dell’avambraccio. Il dolore acuto al gomito che può irradiarsi ai muscoli dell’avambraccio e aumentare durante l’estensione del polso e della mano, è il sintomo principale. Nella fase iniziale il dolore compare solitamente durante il movimento che è la causa dell’infiammazione del tendine oppure mentre si solleva un peso, per esempio le borse della spesa oppure si prende in braccio un bambino. “Con il passare del tempo, e soprattutto se il dolore non viene adeguatamente preso in considerazione e trattato – spiega Andrea Miti – persino azioni giornaliere come stringere una mano, scrivere, aprire lo sportello dell’auto, sollevare una bottiglia oppure un bicchiere, possono causare dolore acuto e intenso a livello dell’inserzione osteotendinea epicondiloidea dei muscoli dell’avambraccio. Il gomito del tennista non va sottovalutato – continua l’esperto – perché si tratta di un disturbo di carattere invalidante che potrebbe diventare cronico e non rispondere alle normali terapie mediche di solito usate per questa patologia molto frequente e comune nella nostra società.”
ECCO CHI RISCHIA ‘IL GOMITO DEL TENNISTA’
Scrivere al computer per più ore consecutive al giorno può essere causa di ‘gomito del tennista’. È quanto emerge dai dati di alcune pubblicazioni scientifiche (systematic reviews) che hanno identificato i 3 principali fattori di rischio responsabili dell’epicondilite in coloro che svolgono lavori manuali:
1. Uso di attrezzi del peso superiore a 1 kg;
2. Trasportare a mano pesi superiori a 20 kg per almeno 10 volte al giorno;
3. Svolgere movimenti ripetitivi per più di due ore al giorno.
In quest’ultimo caso la patologia può interessare casalinghe, carpentieri, chi usa molto il computer per scrivere (giornalisti, scrittori, manager, segretarie, ecc.), gli artisti (pittori e scultori), i medici (in particolare i chirurghi plastici che praticano la liposcultura manuale); tutte persone le cui professioni richiedono l’uso continuo e ripetuto dei muscoli estensori del polso e della mano e che effettuano continui movimenti di prono-supinazione.
Nei tennisti, invece, il rischio di sviluppare un’epicondilite aumenta di 2-3 volte nei giocatori che si allenano per più di due ore a settimana, e di 2-4 volte in giocatori di più di 40anni. I fattori di rischio individuati dai medici sono parecchi ma principalmente la tecnica non appropriata, le dimensioni del manico della racchetta e il peso della racchetta stessa.
– dolore che si irradia dalla parte esterna del gomito fino all’avambraccio e al polso,
-dolore quando si usa il polso,
-debolezza dell’avambraccio,
-dolore che peggiora nel corso di settimane o mesi,
-dolore durante l’uso della mano per fare presa, come le strette di mano o girare una maniglia,
-incapacità di tenere certi oggetti in mano, come per esempio un bicchiere
ORA CHE HO MALE, CHE FACCIO?
“Prima di prendere in considerazione l’intervento chirurgico è possibile ricorrere a diverse terapie mediche per diminuire il dolore e l’infiammazione – spiega il primario dell’ultramoderno ospedale di Mestre. – In quasi tutti i pazienti il problema può trovare beneficio ricorrendo a una terapia non chirurgica, mentre la terapia chirurgica può essere indicata nei pazienti in cui il dolore non scompare.” L’intervento di solito è efficace per alleviare il dolore causato dal gomito del tennista e permette al paziente di ritornare alle normali attività.
Pertanto, al primo cenno di dolore acuto gli esperti raccomandano:
1. impacchi di ghiaccio con applicazioni di 20 minuti due volte al giorno per 8-10 giorni associati all’uso di farmaci anti-infiammatori (FANS) che si possono trovare in farmacia senza ricetta medica;
2. sospendere l’attività sportiva o il movimento responsabile del dolore ed evitare quei movimenti giornalieri che coinvolgono i muscoli dell’avambraccio.
3. quando i principali rimedi di automedicazione (riposo, ghiaccio e l’uso di antidolorifici da banco) non migliorano la situazione, rivolgersi ad un medico esperto che potrebbe valutare cicli di fisioterapia, (per esempio, laserterapia) nei casi in cui il dolore si irradia ai muscoli dell’avambraccio, oppure la mesoterapia che, grazie ad una maggiore concentrazione locale di farmaco, riduce il dolore e l’infiammazione evitando gli effetti secondari indesiderabili dei FANS.
4. fare stretching e ginnastica per i muscoli collegati al gomito è utile per rafforzare i muscoli e diminuire il dolore: di solito è possibile fare gli esercizi a casa, ma nei casi più gravi potrebbe essere necessario l’aiuto del fisioterapista.
5. Se ancora il dolore non passa, ed è tale da ridurre il movimento e l’attività quotidiana (lavorativa o sportiva), è consigliabile rivolgersi ad un esperto che valuterà l’indicazione all’intervento chirurgico.
“L’intervento viene effettuato in anestesia (generale o locoregionale) e in day surgery – spiega Andrea Miti dall’Ospedale di Mestre. – Si pratica una piccola incisione sulla pelle che riveste l’epicondilo, non più grande di 2 cm”. La tecnica chirurgica viene stabilita dall’ortopedico in base al problema del paziente e prevede l’incisione dell’inserzione tendinea e il reperimento dell’inserzione del tendine dell’estensore radiale breve del capo (ERBC) che è la sede dell’infiammazione. L’asportazione del tessuto degenerato risolve la sintomatologia dolorosa in circa il 90-95% dei casi con ripresa delle normali attività. In genere l’intervento si esegue in regime di Day Surgery e in anestesia locale o plessica. Dopo l’intervento che dura circa 20 minuti, il paziente può tornare a casa.
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