La vitamina D, rinomata soprattutto per il suo fondamentale ruolo nel tessuto osseo, svolge in verità molte altre funzioni anche nel tessuto muscolare, nel contesto dell’invecchiamento e nell’incidenza delle malattie croniche. Tutto ciò porta a rivalutare l’effettivo fabbisogno di questa vitamina, sin’ora sottostimato.
A cura di Sara Canali
Sono molteplici le evidenze che già da tempo mostrano l’importanza della vitamina D in ambiti differenti da quello osteoarticolare. Dati clinici ed epidemiologici mettono in luce una correlazione tra l’aumento di assunzione di vitamina D e la diminuzione nell’incidenza di diverse patologie croniche e nella mortalità in soggetti in età avanzata.
Non meno rilevante, a livello della muscolatura la vitamina D espleta alcune importanti funzioni nella stimolazione della rigenerazione del tessuto muscolare. La carenza di vitamina D è collegata infatti a miopatia, ipotrofia ed ipotonia, oltre che ad osteomalacia.
Tale vitamina svolge le sue funzioni per lo più legandosi ad una molecola interna alle cellule, che viene chiamata Vdr. Questo legame regola diversi processi cellulari, tra cui la divisione cellulare, la comunicazione e l’adesione tra le cellule, la morte cellulare e l’attivazione del sistema immunitario; meccanismi che hanno un’importanza rilevante anche nello sviluppo delle malattie degenerative.
Il numero di Vdr con l’avanzare degli anni diminuisce in svariati tessuti, tra cui quello muscolare; ciò sembra avere diverse ricadute sull’invecchiamento. Riduzione delle miofibre e della forza muscolare, condizioni tipicamente associate all’invecchiamento, potrebbero essere conseguenza della diminuzione di queste molecole.
Per beneficiare pienamente di tutti gli effetti protettivi della vitamina D, sembrerebbe che la dose giornaliera di (200-600 UI/die) di questa vitamina non sia più sufficiente. Diversi lavori e studi scientifici sono a favore della necessità di avere un apporto giornaliero di vitamina D non inferiore agli 800-1000 UI/die, da tenere presente soprattutto nei soggetti in età avanzata. Questo approccio sembra essere efficace nel diminuire il rischio di cadute e fratture e nel migliorare la funzionalità muscolare.